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«Carrara, no all’intitiolazione pubblica a Norma Cossetto, senz’altro vittima ma di fede fascista»

CARRARA – “Non siamo d’accordo con il voto in Consiglio comunale su Norma Cossetto, riteniamo sia stato trattato politicamente in modo molto superficiale e siamo contrari a qualsiasi riconoscimento nei suoi confronti: condanniamo la violenza che subì ma è fondamentale ricordare che non avvenne perché italiana, avvenne perché fascista e per questo non può diventare un simbolo”.

Il direttivo di Rifondazione Comunista del circolo Alfio Maggiani contesta apertamente la decisione presa in Consiglio comunale in occasione dell’ultima seduta, quando è stato deciso di intitolare un luogo pubblico alla ragazza istriana e fascista stuprata e infoibata nel 1943. Un Consiglio che vota quasi all’unanimità, con 4 astenuti e il direttivo lo sottolinea. “Il Consigliere Nicola Marchetti ha cercato di spiegare il motivo della sua astensione – commenta Rifondazione Comunista  riferendosi alle parole del consigliere democratico che ha assunto il Aula la pacificazione di Togliatti dopo la guerra come definitivamente risolutiva della questione e della ferite create dal conflitto mondiale – ma la sua spiegazione è stata incompleta storicamente” aggiungono dal direttivo.

Il direttivo racconta quindi la storia della famiglia di Norma Cossetto: “Figlia di Giuseppe Cossetto: marcia su Roma, ex Podestà ed ex segretario del Pnf, volontario nei rastrellamenti a fianco dei nazifascisti. Entrambi risultano caduti nella Rsi. Norma ha condiviso fino in fondo l’ideale nazifascista, rifiutando l’opportunità di collaborazione offertole dai partigiani. Ha scelto di stare dalla parte che la storia condanna. Graziani, Badoglio e Roatta sono stati considerati dalle istanze internazionali criminali di guerra per gli eccidi ordinati e compiuti in Jugoslavia, Africa orientale e Libia. Norma era una studentessa universitaria  e non ignorava certamente il motivo dell’odio verso gli italiani. Alla fine della prima guerra mondiale con i trattati di Rapallo (1920) e di Roma (1924) L’Italia acquisiva sul confine occidentale un territorio nel quale abitavano 500.000 tra sloveni e croati. Sotto la spinta di attivi collaboratori locali del fascismo iniziò un processo di assimilazione forzata. Successivamente il regime fascista e nazista si lasciarono andare a brutalità inenarrabili”.

“Qua si vuole minimizzare il fascismo – sostengono Piero Marchini, Daniela Marchini e Marta Tongiani del direttivo – e dobbiamo fare attenzione, pensiamo alla guerra in Ucraina, alla Palestina: l’atlantismo ha bisogno di giustificazioni” avvertono puntando il dito contro il revisionismo.

Sottolinea quindi il direttivo: “Possiamo il massimo rispetto per la donna ma la violenza che le fecero nacque da ciò che professava”.

“Tutto ciò non giustifica il suo arresto e le violenze – evidenzia Daniela Marchini -. Nessuno pensa sia accettabile qualsiasi forma di violenza, ancora meno di quel genere. Ma se Norma Cossetto rappresenta simbolicamente qualcosa, non è l’italianità, bensì la sua versione estremista e aggressiva, che in quell’epoca si incarnava nel regime fascista. Così infatti è sempre stata ricordata da chi ne condivideva il pensiero politico: durante l’occupazione nazista (a lei venne intitolato un reparto militare femminile della RSI di Mussolini), dai nostalgici del regime. Ben prima di diventare una martire italiana, Norma Cossetto è sempre stata considerata una martire fascista, e così continua ad essere rappresentata da chi la intende omaggiare. Ciononostante le richieste di intitolazioni pubbliche a Norma Cossetto continuano ad essere accolte da amministratori locali appartenenti a schieramenti politici diversi, talvolta anche sinceramente democratici. Ma è davvero impossibile sottrarsi a questo tipo di richieste senza essere etichettati come pericolosi estremisti, antipatriottici? Un dovere per ogni antifascista, votare contro l’intitolazione a Norma Cossetto, vittima gettata nelle foibe. Vittima d’accordo, ma di fede fascista, vittima in un contesto storico ben preciso. Non facciamone una martire eroina”.