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Il direttore del Noa vede la luce in fondo al tunnel: «Siamo in una fase nuova»

Giuliano Biselli traccia il profilo dei pazienti covid, distinguendo tra vaccinati e non vaccinati. «Attenzione perché non tutti sono "no-vax", ma soltanto persone che hanno paura». E sul personale: «Una decina di operatori sospesi e alcune difficoltà legate ai contagi tra il personale. Ma in tutte le battaglie i soldati rientrano»

MASSA – Guarda avanti Giuliano Biselli, direttore dell’Ospedale Apuane. E finalmente, vede avvicinarsi la «fine del tunnel». Lo ripete con insistenza, durante la nostra chiacchierata, con l’aria convinta di chi, le battaglie dell’ultimo anno, le ha combattute tutte. Una ad una. E per questo sa distinguere una fase da un’altra. Il virus lo tocca con mano tutti i giorni, da due anni a questa parte, e lo ha visto in tutte le sue facce. Ecco, quella che il Noa sta vivendo adesso è una fase nuova. Il ricordo dei primi mesi, durissimi, durante la fase più acuta della pandemia ad aprile 2020, il direttore dell’ospedale lo utilizza per fare un paragone con l’oggi, che nulla ha a che vedere con la tragicità di quel periodo. “Oggi ci sono i vaccini”. Questa è la discriminante.

Dottore, qual è in questo momento la situazione del reparto covid?
«Posso dire di vedere una luce in fondo al tunnel. In terapia intensiva la situazione è piuttosto stazionaria, il che significa che il reparto normale, fortunatamente, non la “rifornisce” con nuovi accessi e che in pronto soccorso non arrivano pazienti con crisi respiratorie tali da richiedere intubazione. È una fase nuova, quella che stiamo vivendo. Le tipologie dei pazienti che abbiamo in reparto covid sono diverse da quelle delle altre ondate.

In che cosa, esattamente, sono diverse?
Faccio un esempio. Mentre parliamo, questa mattina, in reparto ordinario abbiamo 40-42 pazienti: di questi, oltre la metà sono persone non vaccinate, che presentano i classici sintomi covid: alcuni hanno polmonite bilaterale e talvolta necessitano di ventilazione assistita. L’altra metà, invece, è costituita da pazienti vaccinati. Ed è qui il punto: ricordo che al ricovero in ospedale si accede tramite tampone, quindi capita di avere pazienti neurologici, di ortopedia o di chirurgia, che non presentano sintomi da coronavirus ma che, risultando positivi al tampone, vengono allocati in reparto covid. Notiamo che chi è vaccinato sviluppa una patologia con una gravità molto ridotta rispetto a chi non è vaccinato. È vero che tantissime persone vaccinate contraggono il virus, ma queste non manifestano i sintomi tipici del covid».

Che età hanno le persone non vaccinate che sviluppano la forma grave della malattia?
«L’età dei non vaccinati è un po’ inferiore rispetto a quella dei vaccinati. Non è infrequente trovare persone giovani, dai 40 ai 50 anni».

Che, tra l’altro, è la fascia di età che si è dimostrata più esitante verso la vaccinazione…
«Io non entro mai nel merito delle scelte individuali delle persone. Penso che ognuno abbia il diritto di fare una scelta di vita secondo le sue personali indicazioni o sulla base di precedenti esperienze. Sicuramente sono soggetti, quelli di cui parliamo, che hanno paura. Penso che la maggior parte delle persone non vaccinate non siano “no-vax” per definizione. Molte volte sono soggetti che hanno sempre fatto tutti i vaccini,  ma che di fronte a questo particolare vaccino sono spaventati. Ritengo che la paura si radichi molto all’interno dei gruppi: a volte ci capita di ricoverare intere famiglie non vaccinate».

Dottore, a che punto siamo con le terapie? Prosegue la cura con gli anticorpi monoclonali?
 «Sì, e con buoni risultati. Adesso li consegniamo anche a domicilio e stiamo implementando anche i rapporti con i medici di famiglia per allargare il più possibile la distribuzione. Sono tutti passi avanti che contribuiscono, se non altro, a farci vedere un futuro un po’ diverso dall’era pre-vaccinale».

E la pillola “anti-covid”? La state somministrando?
«Al momento stiamo distribuendo pillole anti virali a persone che afferiscono al pronto soccorso e che presentano complicanze. E a breve dovrebbe arrivare una pillola di ultima generazione. Ripeto, questa è una fase tranquilla. Sarà che la nostra provincia ha dato tanto in questa guerra, partecipando a tutte le battaglie. E avendole viste un po’ tutte, ci rendiamo conto delle differenze che ha questa fase rispetto a tutte le precedenti».

Il personale, quindi, sta respirando?
«Il personale è stanco. Ce l’ha sempre messa tutta e continua a farlo. E quindi un ringraziamento va soprattutto a loro, che non si sono mai tirati indietro. Non solo il personale sanitario, ma tutte le cooperative, il personale delle pulizie e quello che porta i pasti all’interno dei reparti, la farmacia ospedaliera…Insomma, è stata una battaglia che abbiamo combattuto tutti. E penso che lo abbiamo fatto nel migliore dei modi».

Qual è la situazione a livello di organico? Ultimamente sono arrivate diverse segnalazioni in merito alla carenza di infermieri, con appelli dai vari sindacati ad Asl e Regione affinché implementino le assunzioni. Il Noa è in difficoltà su questo fronte?
«
Abbiamo attraversato momenti duri durante i quali, proprio a causa dell’alta prevalenza del covid nella popolazione, è mancato il personale sanitario. Al momento abbiamo anche una decina di operatori sospesi, tra medici, infermieri e oss, per la questione dell’obbligo vaccinale. In più abbiamo avuto tanti operatori contagiati e la copertura di turni, a un certo punto, ha rappresentato una difficoltà. Però, come dico sempre, in tutte le battaglie i soldati rientrano. In questo momento vedo veramente un lume di speranza e l’avvicinarsi della fine di questo tunnel che ci ha segnato tutti».