MONOBLOCCO, A PENSAR MALE SI FA PECCATO…

Quello dell’ex ospedale di Carrara è solo l’ultimo capitolo di una storia trentennale scritta sulla pelle dei più deboli. E ci avevano avvisato

MASSA-CARRARA – Qualcuno diceva che «a pensar male si fa peccato ma molto spesso ci si azzecca…». Un’altra diceva che «tre indizi fanno una prova». E qui di indizi ce ne sono tanti, troppi. Parliamo del Monoblocco dell’ex ospedale di Carrara, oggi centro polispecialistico “Achille Sicari”. Una struttura sanitaria pubblica che non ha pace. Prima le chiusure forzate di quell’ospedale e del suo pronto soccorso per il trasferimento al Nuovo Ospedale delle Apuane di Massa. Una soluzione fortemente osteggiata dai cittadini di Carrara. Nonostante ciò, trasferimento completato e una città di 60mila abitanti (con annesse cave) che si ritrova senza neanche un punto di primo soccorso.

Poi l’ipotesi di demolizione e sostituzione con una struttura più piccola. Anche qui, soluzione fortemente avversata dalla popolazione che, giustamente, non si fida più di chi amministra. In tanti pensavano e continuano a credere che «quella struttura deve restare in piedi, altrimenti la sanità pubblica in città sparirà definitivamente e si potrà curare solo chi può permetterselo dal privato». Di fatto è quello che, passo dopo passo, sta succedendo. Non solo a Carrara. Viste le proteste, le manifestazioni e i Consigli comunali, così l’Asl è stata forzata ad accettare di non abbattere la struttura e riconvertirla a “centro polispecialistico”, intitolandolo ad Achille Sicari, un gigante della chirurgia che fece la storia dell’ospedale di Carrara, facendolo diventare un centro di eccellenza di livello nazionale. Ironia della sorte (si dice così, ma qui ‘sorte’ non è la parola più adatta), si vuole comunque andare nella direzione della fine di quella struttura che prende il nome da chi la fece prosperare e crescere.

E arriviamo agli ultimi giorni: dopo le molte promesse di «farlo rinascere» con tanto di progetti milionari, il pericolo di demolizione, uscito dalla porta, è rientrato dalla finestra. Le ragioni sono le solite: «La struttura non è a norma». A questo punto viene davvero da pensarla come pochi giorni fa ha esternato il sindacato Fials: quella del Monoblocco è tutta una manovra per demolire la sanità pubblica a favore del privato? Una chiave di lettura che ha perfettamente senso se vediamo ciò che la sanità pubblica ha subìto negli ultimi trent’anni. I numeri sono lì e nessuno può negarli. Uno su tutti: negli ultimi dieci anni – dati dell’annuario statistico del Sistema sanitario nazionale di marzo 2023 – le strutture sanitarie private in Italia sono raddoppiate passando da 525 del 2011 a 995 del 2021.

A questo proposito vi invito a guardare e ascoltare il film C’era una volta in Italia – Giacarta sta arrivando dei registi Federico Greco e Mirco Melchiorre (qui l’intervista che hanno rilasciato alla Voce Apuana). Aggiungo un “indizio”: lo smantellamento della sanità pubblica ci era stato annunciato a chiare lettere e senza giri di parole 31 anni fa quando l’allora ministro del Tesoro Guido Carli, in quei mesi che precedettero la firma del Trattato di Maastricht, lanciò l’avviso: «Siamo “in emergenza”, torna ad avvertire Guido Carli. Bisogna colpire pensioni e salari – riporta un articolo del 3 giugno 1992 de La Repubblica – ma occorre anche puntare alla “crescita zero” del numero dei dipendenti pubblici. E privatizzare. E sfruttare la “disponibilità a pagare” di una parte degli utenti nei delicatissimi settori della sanità e dell’istruzione (…) bisognerà superare “la filosofia ancora radicata della gratuità diffusa”».

Possiamo poi aggiungere, per esempio, le ‘raccomandazioni’ della Commissione Europea. Uno studio commissionato da un eurodeputato della sinistra tedesca, Martin Schirdewan, ha evidenziato che tra il 2011 e il 2018 la Commissione ha inviato 63 raccomandazioni ai governi degli Stati membri (quindi anche all’Italia) per tagliare la spesa sanitaria e privatizzare i servizi sanitari. In media 8 raccomandazioni all’anno. Sono state 45, invece, le richieste di ridurre le indennità per disoccupati, anziani o disabili. Naturalmente i governi hanno applicato pedissequamente le richieste di Bruxelles. Tutti i governi, di centrodestra e di centrosinistra. E proprio sotto la gestione di questi ultimi i posti letto negli ospedali sono stati tagliati di più: dal 1996 al 2001 il calo è stato vertiginoso: da oltre 600 ogni 100mila abitanti a 400 (erano quasi mille nel 1980).

Tornando al nostro Monoblocco, quanto sta accadendo, è solo l’ultimo capitolo di una storia trentennale scritta sulla pelle dei più deboli. E la cosa che fa davvero specie è che questo succede in una città e in una Regione, la Toscana, storicamente governate dal centrosinistra. Un ‘centrosinistra’ che da sempre si riempie la bocca di frasi come «la salute prima di tutto», «la sanità pubblica è il bene primario», «la Costituzione più bella del mondo», per poi andare in direzione contraria nei fatti e continuare a sottrarre ai cittadini la sanità pubblica (e di conseguenza la salute) spesso con la scusa per cui «eh, ma non ci sono i soldi». Un atteggiamento ipocrita, non più tollerabile.

Per concludere, se vogliamo salvare la sanità pubblica (davvero), è necessario mettere in discussione i dogmi che pian piano hanno preso il sopravvento negli ultimi trent’anni: «il pubblico è inefficiente, il privato è meglio», «non ci sono i soldi, abbiamo un debito pubblico troppo grande», «ci vuole ‘più Europa’». L’alternativa è continuare a protestare, ottenendo in cambio più sanità privata.