Biodigestore al Cermec, gli ambientalisti: «La politica ci ripensi e i sindacati non facciano gli errori del passato»

La 'Rete': «Non pensano che i 42.395.400 milioni di euro e oltre, da spendere per questo impianto saranno buttati al vento e la salute dei cittadini minacciata?»

MASSA-CARRARA – «Luca Mannini segretario della Fit-Cisl di Massa-Carrara, in un articolo uscito sui quotidiani in questi giorni si dice preoccupato, per le dichiarazioni rilasciate dall’assessora all’ambiente Monia Monni della Regione Toscana, la quale in occasione di una sua visita a Carrara in casa Pd a Bonascola, anche alla presenza della sindaca Serena Arrighi e della segretaria provinciale di partito Elisabetta Sordi, avrebbe detto che “il fabbisogno dei biodigestori in Toscana è saturo” e quindi, secondo il sindacalista, avrebbe messo in discussione il progetto del nuovo impianto del Cermec SpA di Massa Carrara, nonché il mantenimento dei posti di lavoro». La Rete delle associazioni e dei comitati contrari al biodigestore del Cermec (‘Rete’) chiede, al sindacalista della Fit-Cisl «(che dice di aver tenuto in tutti questi mesi, la barra dritta con chi di competenza, insieme a Cgil, Uil, i Comuni di Carrara e di Massa per avere il biodigestore), come mai è dichiaratamente favorevole a costruire un impianto così inquinante, in considerazione del fatto che il metano, a partire dal 2035, non potrà più essere utilizzato in quanto combustibile fossile e che stante i tempi tecnici è presumibile che non sia messo in funzione prima di 5 anni?».

«Non gli viene in mente – proseguono le associazioni ambientaliste – che i 42.395.400 milioni di euro e oltre, da spendere per questo impianto del Cermec saranno buttati al vento e la salute dei cittadini minacciata? Inoltre, non riflette che questi costi saranno spalmati interamente nelle bollette dei cittadini, dato che la politica locale si è vista respingere anche i fondi del Pnrr? Evidentemente a questo sindacalista la lezione della ex Farmoplant dell’area Sin non ha insegnato proprio nulla. Anche allora i sindacati difendevano a spada tratta il diritto al lavoro a scapito di quello alla salute. Tutti noi abbiamo ben presente come è finita. I costi in termini di salute sono stati enormi (basti pensare che oggi dopo 36 anni dalla chiusura dello stabilimento Massa Carrara ha il primato di tumori della Toscana); i posti di lavoro dopo l’incidente del 1988 sono andati persi e il diritto al risarcimento non è stato rispettato; le bonifiche non sono state fatte e, se verranno fatte, le dovranno pagare i cittadini. Noi ci auguriamo che questo progetto del biodigestore – proseguono i rappresentanti della ‘Rete’ – non venga portato avanti né a Massa-Carrara né altrove. Ciò sulla scorta delle informazioni avute da illustri scienziati provenienti dal mondo universitario con una lunga esperienza nel settore.»

«”La produzione di biometano non è economica – sostiene il professor Gianni Tamino del Comitato Tecnico Scientifico Nazionale dell’Isde – infatti sarebbe fallimentare senza gli incentivi statali, ha un basso rendimento energetico e non è pulita. Anzitutto si liberano rilevanti odori molesti, ma anche molti inquinanti atmosferici (come polveri sottili, ossidi d’azoto e molti altri, tipici delle combustioni) a causa dei mezzi che trasportano i rifiuti, del cogeneratore che produce l’energia necessaria all’impianto, e infine dalla combustione del metano così ottenuto”. Invitiamo i sindacati, le forze politiche e le istituzioni, in primis i sindaci, a fare un passo indietro e a lavorare per costruire una alternativa davvero sostenibile, che abbia come fine quello di una raccolta differenziata spinta e la realizzazione di un impianto di compostaggio aerobico da 15000-20000 Ton/anno di rifiuti organici, dai quali ricavare il ‘vecchio’ compost per farlo ritornare nel ciclo di una vera economia circolare a svolgere la sua funzione di preservazione del suolo e dell’ambiente. Solo su un progetto di questo genere le cittadine ed i cittadini saranno al fianco delle istituzioni per costruire lavoro e per promuovere il diritto alla salute. Ad ogni modo, ci aspettiamo che l’assessora regionale all’Ambiente Monia Monni, anche in virtù delle funzioni di programmazione e coordinamento che la legge affida alle regioni, spieghi chiaramente ai cittadini, di quanti biodigestori necessita davvero la Toscana, in considerazione che, è già in fase di collaudo il biodigestore nel comune di Montespertoli (nel Chianti, a poca distanza dai vigneti) da 160.000 ton/anno di rifiuti organici (dichiarato come il più grande biodigestore d’Italia), e che un altro da 41.000 ton/anno di rifiuti è stato inaugurato ad Asciano (Si), lo scorso 14 marzo.”».