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«Aggressioni medici, ormai le convenzioni sociali sono saltate. Servono leggi e regole condivise»

Figaia (Cisl) interviene dopo l'ultimo caso che ha riguardato una dottoressa dell'Ospedale delle Apuane di Massa

MASSA-CARRARA – Aggressioni a personale sanitario, insegnanti e lavoratori che svolgono servizi pubblici. Dopo l’ultimo caso che ha riguardato una dottoressa dell’Ospedale delle Apuane di Massa (ne abbiamo parlato qui), interviene il sindacalista Andrea Figaia, segretario della Cisl di Massa-Carrara. «Sono sempre più comuni fatti ed accadimenti riguardanti professori o dirigenti scolastici, medici, farmacisti o, comunque, operatrici ed operatori che svolgono un servizio pubblico, da parte di genitori, parenti o affini di persone che seguono – o dovrebbero farlo – un corso o un’attività gestita direttamente per fini e per servizio, da autorità governative o locali. La discriminante è lo svolgimento di un servizio pubblico. Esiste poi una degenerazione delle relazioni sociali che, ormai, sta prendendo una piega difficilmente recuperabile. Per esempio, se guardiamo il comportamento degli automobilisti su strada – la Foce, negli ultimi anni, si sta riempiendo di sacchetti di immondizia, ma anche bottigliette di plastica e di ogni cosa che si lancia dai finestrini – oppure nei litigi tra automobilisti, ma anche nei condomini o sotto gli ombrelloni».

«Nei confronti dei servizi pubblici, poi, l’acredine monta di temperatura. Se vado da un medico privato, pago e faccio il bravo. Ma al Pronto Soccorso, no. Devo avere tutto e subito. Magari ti tocca pure la dottoressa brava, ma niente da fare. Vuoi stare lì, vedere, criticare, magari metterci il becco. Modello Usa, dove i parenti circolano liberamente, come da sentenze (vedi New Amsterdam su Netflix). Magari quella gli salva la vita al malcapitato, lo cura, lo aiuta, predispone le cure definitive, cerca di capire, e tutto questo nel caos più completo del sovraffollamento del servizio, pure estivo. Se iscrivo il figlio a una scuola privata e pago il canone, manco una parola. Andrà e va senz’altro tutto bene e per il meglio. Si accettano le lavate di capo per il figlio che “non si applica”. Le convenzioni sociali, quelle di una volta, sono saltate: vale anche per il prete o per il farmacista. Qui, poi, le cose non sono migliori: gente che entra e chiede ed ottiene pure consulenza medica, farmacologica, medicine, elettrocardiogramma, colesterolo, estetica, Cup, ecc. Si tratta degli store del nuovo millennio. Ma sempre più spesso la gente entra, chiede, grida, esagera, insomma».

«A scuola, quando il ragazzino tornava a casa con il ceffone, se ne beccava un altro. Questo, sia chiaro, solo per spiegare che le relazioni erano rigide, sovraordinate e inaccettabili. Troppo, sì, ma così è troppo dalla parte opposta. Gli insegnanti sono presi di mira e non se ne salva uno. Se va male, anche un po’ di maldicenza. E la dirigenza non va meglio: si ritrova lo stuolo dei parenti imbufaliti nella sala riunioni, pronti all’ennesimo ricorso al Tar. I sanitari, poi, cioè medici, infermieri e operatrici socio-sanitarie, ex “angeli della corsia”, quando lavorando rischiavano la pelle per noi. Angeli “de che”? Quasi quasi si alzano le mani. “Ti aspetto fuori, al parcheggio!” E giù contumelie. Insomma: il sindacato deve tutelare lavoratrici e lavoratori, certamente, ma alla fine siamo tutti cittadini. Occorre recuperare quell’equilibrio che sta alla base delle convenzioni sociali, le regole. Uscendo dallo stato di natura, più o meno volutamente, le società moderne hanno accettato di proteggere chi ne fa parte dai pericoli esterni. Stiamo andando verso un’implosione dall’interno che dovrà essere necessariamente governata, con leggi e regole condivise, ma partendo dai comportamenti dei singoli».