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«La popolazione deve sapere: in un solo mese ho salvato la vita a due donne ma a lavorare siamo sempre meno»

Il dottor Cardillo alla Voce Apuana: «Mentre prima eravamo due, i medici in servizio al 118/PET e quindi quando uno dei due era chiamato fuori per un’emergenza, c’era l’altro a coprire il servizio, oggi non è più così. Non resta più nessuno»

LUNIGIANA – Sono due le vite salvate miracolosamente, anche se a dire il vero ciò che ha salvato le due donne ha più a che fare con una straordinaria volontà e professionalità umana. Professionalità però, lasciata spesso sola. La storia ce la siamo fatta raccontare dal dottor Francesco Cardillo (medico del 118/Pronto Soccorso Asl Toscana Nord Ovest in turno al Pet di Aulla) e da Cristina, sorella di una delle due pazienti colpite entrambe e a poco tempo di distanza l’una dall’altra da un aneurisma cerebrale. In un mese ci sono state ben due pazienti che se non fossero state soccorse con tecniche precise, avrebbero certamente perso la vita. Ma la questione fondamentale su cui il medico autore degli interventi vuole richiamare l’attenzione, sono le condizioni in cui ha dovuto agire per poter salvare loro la vita.

“La popolazione deve sapere cosa sta succedendo – spiega il dottor Cardillo – quando arrivano in ambulatorio Pet Aulla c/o Pubblica Assistenza della Croce Bianca e trovano il cartello su cui è scritto che il medico non è presente, devono sapere che mentre prima eravamo due, i medici in servizio al 118/Pet e quindi quando uno dei due era chiamato fuori per un’emergenza, c’era l’altro a coprire il servizio, oggi non è più così. Non resta più nessuno”. Proprio com’è successo l’altro giorno, quando una donna ha avuto un aneurisma cerebrale ed è stato necessario l’intervento del dottor Cardillo: era la seconda volta che succedeva a distanza di poco tempo, e in questi frangenti è fondamentale agire nell’immediato perché, più è breve il tempo di azione, più la paziente potrà recuperare. Il dottor Cardillo è quindi intervenuto con i pochi mezzi a disposizione e lo sottolinea più volte: “Ci dobbiamo trasformare in “anestesisti “ sedando e intubando per stabilizzare il paziente”. Nel caso dell’altro giorno, per esempio, ci racconta il medico, addirittura non c’era l’elisoccorso impegnato altrove e quindi è stata l’ambulanza con a bordo il medico e l’infermiere ad accompagnare dalla Lunigiana a Cisanello la paziente direttamente nella sala operatoria della neurochirurgia.

“In tutti e due gli interventi ero io presente – ha riferito -, io come medico e sono io che ho somministrato farmaci sedativi, intubato e ventilato la paziente. Ripeto senza respiratore automatico, queste due persone tutte e due sono state salvate da me con l’ utilizzo di farmaci anestetici e i presidi anestesiologici per i quali sto(stiamo) facendo una lotta continua per averli in ambulanza, in assenza dei quali queste persone sarebbero decedute. Nell’ultimo caso senza elicottero abbiamo ventilato la pazienza di 53 anni a mano (per circa 1 ora), perché non essendo contemplato di comportarci da “anestesista”, non abbiamo i macchinari fondamentali nelle ambulanze come il “ventilatore automatico” che è quello a cui si viene attaccati in sala operatoria. In sostanza mi sono dovuto trasformare in “anestesista”, sedare la paziente e intubarla: unico modo per farla sopravvivere”.

Anche Cristina la sorella di una delle due pazienti a cui il dottor Cardillo ha salvato la vita conferma: “Il primario di Rianimazione di Cisanello si è complimentato per l’intervento – racconta la sorella – senza, mia sorella non sarebbe sopravvissuta ci ha detto il primario della Neurochirurgia”. Cristina ci dice che sua sorella, da quel maledetto 15 luglio, sta meglio, sta recuperando facendo fisioterapia. “Ci hanno rassicurato e che ci vuole pazienza, che sarà una cosa un po’ lunga, circa 6/8 mesi. L’importante che sia sopravvissuta”. Anche Cristina ha firmato la petizione per mantenere il medico in ambulanza, dato che si paventa l’ipotesi di toglierlo, il che significherebbe non poter intervenire nell’immediato e salvare così la vita per questo tipo di patologia. Per completare il quadro si aggiunga che in Lunigiana la presenza della Guardia Medica non è garantita ogni giorno. “Percepiamo una sorta di allontanamento della popolazione – spiega il dottor Cardillo – ma è giusto che si sappia che noi medici stiamo facendo del nostro meglio: siamo rimasti in 5 ad avvicendarci al servizio del 118 e arriviamo a fare moltissime ore di servizio, cercando di sopperire al personale”.