Lo sfacelo della sanità pubblica e un gruppo di ragazzi che non molla: arriva il film “C’era una volta in Italia”

Questa sera, martedì, la proiezione-evento al cinema “Il Nuovo” della Spezia. Intervista ai due registi Federico Greco e Mirko Melchiorre. «Non vogliamo spettatori, vogliamo cittadini». Tra i protagonisti Roger Waters e Gino Strada

MASSA-CARRARA – Un ospedale pubblico chiuso dalla sera alla mattina e un gruppo di uomini e donne che non hanno mollato e hanno occupato quella struttura sanitaria per chiederne la riapertura. In mezzo l’appello di un monumento della musica come l’ex Pink Floyd Roger Waters e due registi, Federico Greco e Mirko Melchiorre, che hanno deciso di raccontare quella storia in un film. Una storia, quella dei tagli alla sanità che anche i cittadini di Massa-Carrara hanno conosciuto bene e continuano a subire sulla propria pelle: la chiusura di strutture sanitarie pubbliche, la carenza di medici, le liste di attesa sempre più lunghe e la sanità privata che avanza inesorabile sono problemi all’ordine del giorno. E arriva anche nel nostro territorio, la scorsa settimana a Pisa, questa sera, martedì, nella vicina La Spezia al cinema Il Nuovo (ore 20.30), “C’era una volta in Italia – Giacarta sta arrivando”. Una pellicola che spazia dal locale, l’ospedale di Cariati, in Calabria, al nazionale e internazionale con le decisioni della politica e, soprattutto, dell’economia che hanno dato il colpo di grazia al sistema sanitario pubblico. Il film, nonostante la pressoché assente collaborazione dei grandi media, sta svolgendo da dicembre scorso un tour in tutta Italia riscuotendo un grande successo di pubblico. Le sale sono quasi sempre piene e i registi ci dicono: «Non vogliamo spettatori, vogliamo cittadini». Li abbiamo incontrati.

Perché questo titolo (e perché questo sottotitolo)?

«È sicuramente un richiamo al mondo western di Sergio Leone. Il film è girato in Calabria e sia nei paesaggi sia negli sguardi delle persone abbiamo un po’ riassaporato quell’atmosfera dei film western di Leone. Il sottotitolo invece si rifà a quanto accadde in Cile pochi giorni prima che venisse ucciso il presidente Salvador Allende nel 1973, quando sui muri apparvero le scritte “Giacarta sta arrivando”. Era un richiamo a quanto successe qualche anno prima (nel ’65) in Indonesia dove un’azione della Cia e dei servizi segreti inglesi, finalizzata all’imposizione di politiche neoliberiste, causò la morte di mezzo milione di persone. Qui Giacarta è arrivata in altre forme, ma il sistema neoliberista ha posizionato nei luoghi chiave i suoi uomini con tutte le conseguenze nefaste anche nel sistema sanitario pubblico».

Come avete fatto a coinvolgere nel film due monumenti come Roger Waters e Ken Loach?

«Loach lo avevamo già contattato in occasione del nostro film precedente (“Piigs”) ed è lui che ci ha messo in contatto con Roger Waters. Entrambi fanno parte del solito circolo di quei pochi artisti anti-globalisti. E Waters ha dato un contributo fondamentale sia al film sia alla storia dell’ospedale di Cariati. A lui abbiamo chiesto di fare un appello per i ragazzi che stavano occupando l’ospedale. Waters disse in video: “Aprite l’ospedale di Cariati subito”, e questo ebbe un effetto mediatico grandissimo. A quel punto mise spalle al muro la Regione Calabria che non poté più fare finta di nulla. Il presidente Occhiuto si dichiarò a favore della riapertura. I paradossi sono due: uno che l’appello di un musicista possa smuovere così tanto, l’altro è che Occhiuto 12 anni fa, nel periodo delle politiche di austerità volute dall’Ue, fu tra i promotori della chiusura dell’ospedale».

Un altro degli intervistati è stato Gino Strada, deceduto poi un paio di mesi dopo quell’intervista che gli avete fatto… E lui dice una cosa che fa riflettere: «Il sistema sanitario non deve fare utili, deve avere sempre il segno ‘meno’ davanti». Nel contesto dell’Ue coi vari trattati e i vincoli di bilancio, però, questo non è ammesso…

«Esattamente. Alla fine dei conti si capisce questo. I ragazzi di Cariati stanno facendo una lotta locale per riaprire il loro ospedale. All’interno dell’architettura monetaria europea, riaprire Cariati significa chiuderne un altro. Perché in questa economia monetaria, ci dicono, la “coperta” è sempre corta».

Una cosa che riuscite a descrivere bene, infatti, è la relazione che intercorre tra certe scelte che toccano così da vicino la vita delle persone, come la salute, e l’importanza della conoscenza di certe dinamiche economiche che possono aumentare la consapevolezza dei cittadini…

«Warren Mosler, uno degli economisti intervistati, ci spiega in maniera semplice come le politiche di austerity siano sempre giustificate come una mancanza di denaro. In realtà i soldi non mancano. Basti vedere le centinaia di miliardi spesi dal governo italiano per affrontare la pandemia. L’unica cosa che manca, dice Mosler, è la materia grigia delle persone che prendono le decisioni. Sono tutte scelte politiche. Anche se le fanno sempre sembrare come l’unica soluzione possibile».