‘Marmo Bianco’ commuove Carrara. Il pubblico più giovane: «Parla del nostro sangue e delle nostre passioni» foto

Intanto fuori dal teatro, a fine spettacolo, una piccola folla non se ne va. Aspetta di accogliere festante e applaudente i protagonisti. Come a dire: «Buon compleanno Coro del Monte Sagro e grazie per il regalo». E la sorpresa di trovare sul palco anche Francesco Gabbani

CARRARA – Carrara si emoziona e piange lacrime di commozione: ‘Marmo Bianco’ seppur nella versione ridotta per via delle dimensioni del Teatro Animosi, entra nel cuore del pubblico. Non è il sold out con i palchi gremiti, né la sorpresa di trovare la voce narrante dell’amatissimo e noto cantautore carrarese Francesco Gabbani: a fare vibrare e a trascinare il pubblico è stato l’intero spettacolo, costruito sulla magia indiscutibile del Coro del Monte Sagro, intrecciato in una trama tanto drammatica quanto vera e interpretato da attori che cantando hanno regalato il loro cuore, come ci confessano loro stessi una volta terminato lo spettacolo. Maria Grazia per esempio, una signora torinese, non trattiene le lacrime all’uscita dal teatro, sabato sera. E’ in compagnia di due amici. “Mi è piaciuto moltissimo, mi ha commosso quando a un certo punto della storia – e si interrompe dalla fretta di raccontare tutto e di dire quanto l’abbia conquistata – anche il modo di cantarla mi è piaciuto – dice, sempre più presa dall’entusiasmo – Speriamo lo portino in giro con la rappresentazione  completa, vale la pena”. “E’ una storia che per noi che  siamo di qua – aggiunge l’amica Bruna lasciando in sospeso la frase – noi sappiamo cosa vuol dire. La viviamo”. “A un certo punto della storia succede un incidente: un cavatore per salvare il compagno rimane schiacciato da un pezzo di marmo, lascerà moglie e due bambini. Solo a parlarne mi commuovo” riprende Maria Grazia con la voce che si rompe non riuscendo a trattenere la commozione. Sì, ci è riuscita l’autrice Egizia Malatesta  che aveva raccontato in conferenza stampa di essersi voluta calare nell’atmosfera di quel mondo prendendo quotidianamente il bus alla volta dei paesi a monte per capire, ascoltare, dialogare, conoscere, per entrare nello spirito di questa realtà, fatta sì di cavatori, ma anche di madri, di mogli e figli, di famiglie che aspettano, di sudore, di fatica, di vita e di morte. E a giudicare dagli occhi lucidi di chi usciva sabato sera sembra proprio aver colto  nel segno e aver saputo raccontare quel mondo di sentimenti e di tormenti. Ma i complimenti toccano un po’ tutti i tanti protagonisti dello spettacolo. Ce lo racconta, e anche molto bene,  il pubblico più giovane. “Mi è piaciuta particolarmente la parte corale – ci dice Nicola che ha 30 anni e a differenza di tanti suoi coetanei che hanno passato la serata in movida o in discoteca, ha preferito insieme agli amici andare all’opera – mi è piaciuta perché sembrava naturale, la collego alla montagna e si legava bene con la parte strumentale: erano molto affiatati”. Per lui, ci confessa, era la prima volta che ascoltava il Coro del Monte Sagro e ci assicura di come gli lascerà un bellissimo ricordo. Gli facciamo notare come sia insolito che dei ragazzi si avvicinino   a questo tipo di rappresentazione: “No – ci risponde -le cose fatte bene piacciono a tutte le generazioni”.

“E’ importante promuovere opere moderne che parlino di storie contemporanee, sociali e che coinvolgano il pubblico dal punto di vista culturale, che siano alla portata di tutti, che uniscano il popolo – ci lasciano di stucco per la grande maturità che vi troviamo, le parole di Maria Novella, anche lei giovane trentenne che assieme a Nicola e ai suoi amici ha assistito allo spettacolo – per me è stata una rivelazione anche se in realtà non avevo dubbi sulla sua bellezza. Mi è piaciuto tantissimo, è molto importante promuovere nuova musica e nuovi testi, parlare della nostra storia e dei nostri problemi. E promuovere queste iniziative è doveroso da parte di tutti noi, perché fanno parte della nostra cultura, della nostra formazione, è il nostro sangue, questa è la nostra passione. Questa storia raccontata stasera succede tutti i giorni tutt’oggi: io lo metteri in scena non solo a Carrara ma ovunque, perché è un tema importante ed è importante  proporlo  musicalmente,  non c’è miglior modo per arrivare a tutti quanti”.

La trepidazione è corsa sulla pelle di chi era a teatro sabato sera anche grazie alla generosità degli interpreti. Alessandro Fantoni è il tenore e ci racconta come sia stato emozionante prima di tutto per loro, per  gli artisti in scena. “E’ stata un’esperienza bellissima – ci commenta a caldo subito dopo lo spettacolo -. Credo sia molto vissuta questa storia dai carraresi, credo sia una storia sentita e a noi rappresentandola in musica, ci ha portato un’emozione enorme. Credo che il pubblico lo abbia sentito. Roberto (Martinelli il compositore ndc) ha fatto una bella cosa. E’ stato un onore poterla rappresentare ed eseguire. Mi auguro che lui possa portarla e rappresentarla interamente, perché se lo merita e perché se lo merita Carrara. Potrebbe essere una bellissima opportunità”.

E’ il baritono Matteo Armanino a rappresentare Giò. “E’ una parte molto bella, nell’aria che canto c’è tutta l’espressione della difficoltà e del peso di questo lavoro. Racconto e canto Giò e il suo tentativo di passare alle nuove generazioni la durezza del lavoro, di insegnare il mestiere ai giovani ed è colui che poi si sacrifica per salvare la vita a un ragazzo. E’ un bel personaggio, sono contento di averlo cantato”. Intanto fuori dal teatro, a fine spettacolo, una piccola folla non se ne va. Aspetta di accogliere festante e applaudente i protagonisti. Come a dire: “Buon compleanno Coro del Monte Sagro e grazie per il regalo”.