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«Sciopero lavoratori del marmo, la sindaca Arrighi prenda posizione»

Il consigliere del M5s Martinelli interviene dopo lo stop deciso dai cavatori a causa del rifiuto dell'accordo da parte degli industriali che prevede la riduzione dell'orario di lavoro. E Rifondazione: «Vergognosa posizione che sta mettendo in evidenza la vera natura e i veri obiettivi dei capitalisti delle nostre cave»

CARRARA – «Sciopero lavoratori del marmo, la sindaca Arrighi prenda posizione». Lo afferma il consigliere comunale del Movimento 5 Stelle ed ex vicesindaco, Matteo Martinelli, in relazione al mancato accordo tra lavoratori del marmo e industriali sul rinnovo del contratto integrativo e il “no” delle imprese alla riduzione di orario. «Massima solidarietà alle richieste dei sindacati e della Lega del Cavatore sul fronte della formazione e della riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario. Da parte degli imprenditori serve maggiore apertura». Così Martinelli si inserisce nel dibattito sulla vertenza per il rinnovo del contratto provinciale del lapideo: «Con grande disappunto – dice – prendiamo atto della conflittualità che permane nel rapporto fra imprenditori e lavoratori, una situazione che ha portato allo sciopero di oggi e a quello annunciato per lunedì prossimo. Pur non entrando nel merito delle questioni giuridiche che i datori di lavoro pongono, ci sembra del tutto evidente che da parte loro non si veda ancora quella disponibilità al dialogo necessaria a ricucire la frattura fra cave e città che a nostro avviso è un tema non più rinviabile».

Poi il richiamo alla sindaca Arrighi: «Questa vertenza è in corso da giorni – ricorda Martinelli – e, a fronte di una nostra pubblica presa di posizione come forza politica di minoranza, assistiamo al preoccupante silenzio della nuova sindaca Serena Arrighi che ancora non si è espressa sul merito della questione. Comprendiamo le difficoltà di una sindaca che, nominata da oltre due settimane, è ancora senza una giunta, ma su questa situazione sarebbe necessario un suo intervento a sostegno di lavoratori e forze sindacali, nell’ambito di una battaglia che segnerebbe un importante cambio di passo su vari fronti, dal problema della formazione alla garanzia di maggiori tutele per gli occupati al monte, toccando anche il tema del contingentamento dell’escavato».

E sull’argomento interviene anche Rifondazione Comunista: «Il teatrino che gli industriali del marmo hanno imbastito nelle trattative per il contratto integrativo del lapideo non ha precedenti. Una vergognosa posizione che sta mettendo in evidenza la vera natura e i veri obiettivi dei capitalisti delle nostre cave. Oltre a fare profitti straordinari operando su un bene comune, che è il nostro territorio montano, oltre ad essere protagonisti di un ecocidio di dimensioni oramai insostenibili, oltre ad essere protagonisti, in negativo, in numerose inchieste delle forze dell’ordine, organi di controllo, guardia di finanza, oggi hanno deciso di agire  sulla pelle degli operai e delle loro famiglie. Sono passati i tempi in cui gli industriali chiedevano l’appoggio degli operai per “salvare le imprese” dalle normative regionali sulla salvaguardia del paesaggio: noi non ci abbiamo mai creduto e la porta sbattuta in faccia oggi mette tutto in chiaro. Gli industriali non vogliono riconoscere agli operai del settore quello che sarebbe loro, cioè l’incremento di valore del sistema marmo, e pretendono di trasformare solo in utile il sudore, la fatica, il rischio sul lavoro degli operai. Oggi abbiamo società di escavazione che fanno utili 3 volte più elevati del costo lordo del lavoro che sostengono: gli operai lavorano per il 75% della loro giornata per riempire le tasche dei padroni del marmo. Oggi abbiamo una netta riduzione della manodopera impiegata con gli utili che continuano ad aumentare. Non ci siamo mai aspettati visioni progressiste dei padroni delle cave, ma per lo meno un minimo di onestà intellettuale, quella sì, quella che strombazzano nelle operazioni di finto mecenatismo che distribuiscono briciole alla città solo per provare a ricostruirsi una verginità oramai persa. Se ci fosse un briciolo di onestà i padroni del marmo porterebbero sul tavolo delle trattative i prezzi del marmo e le buste paghe del 2000, confrontandoli con prezzi e buste paghe di oggi. Da questi numeri, che raccontano la realtà che viviamo e le condizioni di lavoro in cava, sorgerebbe spontanea una trattativa di onestà che porterebbe inevitabilmente ad accordi avanzati. Invece siamo in questo teatrino, ridicolo e penoso, che ha come unico obiettivo il non fare nulla nell’attesa della discussione del contratto nazionale che riporterà negli inferi ogni prospettiva di sane relazioni industriali».